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GRIDO DI PIETRA
(SCHREI AUS STEIN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 10 settembre 1991
 
di Werner Herzog, con Vittorio Mezzogiorno, Mathilda May, Donald Sutherland (Germania, 1991)
 
Curioso cammino, quello di Werner Herzog: che dalle vertigini metafisiche di opere memorabili come KASPAR HAUSER sempre più sembra attratto da deambulazioni fisiche per non dire joggistiche (celebre, quella da Monaco a Parigi, in omaggio alla grande Lotte Eisner) da abissi che, come in questo GRIDO DI PIETRA si fanno sempre più eminentemente materiali.

Qui sono quelli, invero affascinanti, dei picchi vertiginosi del Cerro Torre sulle Ande: sui quali (in un progetto proposto ma, se ho ben capito, in seguito praticamente rinnegato da Reinhold Messner) fanno a gara l'alpinista della tradizione (maschera di pietra di Vittorio Mezzogiorno) ed il freeclimber sbalorditivo (muscoli sexy e boccoli romantici del tedesco Stefan Glowecz) che si appiccica con le dita anche alle pareti di casa sua: tanto dall'essere definito spregiativamente acrobata dai puri.

Sembra allora d ritrovare, nella sfida più o meno verosimile del film, i temi del grande Herzog: quello del sogno nel quale l'uomo trova il proprio appagamento, ma anche la propria follia. L'itinerario di una realtà ben presente, descritta con precisione naturalistica, che si lascia invadere progressivamente dal dubbio, dallo scacco. Per terminare in un delirio astratto e visionario: la zattera roteante di Aguirre, la teleferica impazzita di Stroszek. E ancora, lo scontro fra due culture, che si osservano senza comprendersi, senza possibilità d'integrazione, fino al caos terminale.

Ma cos'è allora che suona ormai così falso nel suo cinema? Un cinema che se appare intatto nel suo magistero di filmare la natura (impressionanti panoramiche, ingigantite dal nostro rispetto per la sfida temeraria dei camera men oltre che degli scalatori), di lasciar respirare, con emozione talora commovente, i grandi silenzi, gli spazi immensi nei quali l'uomo che conosce la montagna è capace d'immergersi: ma pare ormai del tutto impotente a filmare la commedia umana che si recita tutt'intorno?

SCHREI AUS STEIN vi trasporta ancora verso l'alto, magari al suono un po' risaputo del sublime wagneriano della Morte di Isotta, quando nel finale si giunge alla vetta maledetta. Qui Herzog respira ancora l'Assoluto, quel trascendere i panorami di noi umani che riuscivano cosi bene i tedeschi di 20 anni fa (ed il nostro Daniel Schmid su altre vette, quelle de LA PALOMA): ma a prezzo di un aneddoto impossibile, di ridicoli personaggi incarnati da attori abandonati a loro stessi, nella cornice di una drammaturgia assolutamente tralasciata.


   Il film in Internet (Google)

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